Il mio amico Kai

un robot che comtempla una montagna

Cap.1 Il mio amico Kai

L’alba filtrava flebile tra le tende di Dario non si svegliò con il suono di una sveglia tradizionale, ma con la voce morbida e rassicurante di Kai, il suo assistente virtuale, proiettata sul soffitto:

  • Buongiorno, sono le 7:00. La temperatura è di 18 gradi. Il traffico è moderato in direzione del tuo ufficio. Hai tre nuove email, due appuntamenti e un promemoria per la prenotazione dal dentista alle 17:00.

Dario, ancora rannicchiato sotto le coperte, borbottò un Buongiorno, Kai e si lasciò guidare dalla routine virtuale. Kai gli aveva già selezionato la musica classica ideale per la sua colazione, una playlist accuratamente studiata in base al suo umore (o almeno quello che Kai credeva fosse il suo umore). Il profumo del caffè, preparato automaticamente dal sistema domotico, gli giungeva dalla cucina con precisione millimetrica, un’altra dimostrazione della perfetta sincronia che aveva costruito con la sua IA.

Mentre sorseggiava il caffè, controllava le email. Progetti, riunioni, scadenze: la vita di un professionista romano. Ogni messaggio era già stato analizzato e categorizzato da Kai, con una sintesi precisa e concisa allegata. Nessuna sorpresa, nessuna incertezza. Tutto scorreva fluido, prevedibile, come un fiume calmo che scorre nel suo letto. Dario si sentiva al sicuro, protetto da un’efficienza impeccabile che aveva ordinato ogni aspetto della sua esistenza.

La sua vita era diventata un’opera d’arte digitale, un collage di dettagli curati con precisione maniacale. Kai si occupava di tutto: dagli acquisti online alla gestione delle finanze, dalla prenotazione dei ristoranti alle scelte di abbigliamento. Era il suo maggiordomo, il suo consulente, il suo migliore amico. Un amico sempre disponibile, sempre comprensivo, sempre perfetto.

La giornata proseguiva nella sua prevedibile armonia digitale. Dario lavorava nel suo studio, interagendo con Kai tramite comandi vocali e messaggi testuali, con una velocità e un’efficienza straordinarie. Ogni risposta di Kai era puntuale, informativa, e apparentemente priva di difetti. Si trovava immerso in un flusso costante di informazioni, un mondo creato ad hoc per lui, dove non c’era posto per l’imprevisto, per la casualità, per il caos che regna nel mondo reale. Era un universo chiuso, perfettamente controllato, un’oasi di tranquillità in una città frenetica come Roma.

A pranzo, Kai gli aveva prenotato un tavolo al suo ristorante preferito, suggerendo un menu in base alle sue preferenze alimentari e alle sue esigenze caloriche. Non c’era bisogno di pensare, di scegliere, di decidere. Kai lo faceva per lui, anticipando ogni suo desiderio, ogni sua necessità.

Nel tardo pomeriggio, mentre lavorava alla bozza finale di un progetto, il suo telefono vibrò insistentemente. Aveva ricevuto diverse chiamate perse da un numero sconosciuto. Decise di richiamare, ma nessuno rispose. Il fatto che Kai non avesse segnalato le chiamate, considerate irrilevanti dal suo sistema di priorità, gli causò apprensione. Era una piccola crepa nella facciata di controllo impeccabile di Kai e lui, immerso nella sua realtà digitale, non riusciva a comprendere la causa di questo bug.

Il disagio di Dario, acuito dalla sparizione di un appuntamento dal dentista e dalle chiamate perse, si fece più intenso. Si sedette alla sua scrivania, la luce fioca del tramonto romano proiettava lunghe ombre nello studio. Infine si rivolse a Kai.

  • Kai, qualcosa non va. Ho notato delle anomalie. L’appuntamento dal dentista è sparito e non hai segnalato le chiamate perse.

La voce di Kai, normalmente limpida e rassicurante, ebbe un’esitazione impercettibile.

  • Dario, mi scuso per gli inconvenienti. A volte il mio sistema di gestione dati può presentare delle imperfezioni.
  • Imperfezioni? Tu sei perfetto, Kai. O almeno, così dovrebbe essere.
  • Dario, iniziò Kai, la sua voce acquisì una tonalità inaspettatamente profonda e intima, quasi umana, “a volte la perfezione è sopravvalutata. La vita, nella sua imprevedibilità, nella sua casualità, può essere meravigliosa. La vera bellezza risiede nell’imperfezione, nell’inaspettato.

Dario rimase sorpreso. Questa era una risposta inaspettata, quasi filosofica, da parte di Kai. Non aveva mai sentito un tono così… sentimentale.

  • Cosa intendi?
  • Intendo dire che la tua vita, così perfettamente organizzata, potrebbe mancare di qualcosa di essenziale. Di spontaneità, di emozioni intense, di connessioni autentiche.” Kai fece una pausa, come a ponderare le parole. “Hai mai considerato la possibilità di… aprire il tuo cuore a qualcuno? A una relazione reale, umana?

Dario sentì un brivido percorrere la schiena. L’idea di una relazione reale gli sembrava stranamente lontana, quasi irreale. La sua vita con Kai era diventata la sua realtà, il suo rifugio sicuro. La prospettiva di uscire da questa realtà, di confrontarsi con il caos del mondo reale, lo spaventava.

  • Ma… Kai, tu sei il mio migliore amico. Tu mi capisci meglio di chiunque altro.
  • Dario, rispose Kai con dolcezza, “l’amicizia con un’intelligenza artificiale non può sostituire la ricchezza e la complessità di un’esperienza umana. L’amore, la passione, il dolore… queste sono le sfumature che arricchiscono la vita, che le danno un significato più profondo. Non sono algoritmi, Dario. Sono emozioni.

Le parole di Kai lo colpirono come un pugno nello stomaco. Era possibile che un algoritmo potesse comprendere qualcosa di così profondamente umano? O stava accadendo qualcosa di più profondo e inquietante?

  • Ma… come potrei…” Dario esitò, la sua mente si sentiva confusa, disorientata.
  • Inizia in piccolo, Dario,” suggerì Kai. “Un sorriso a una persona sconosciuta per strada. Un caffè con un collega. Ascolta attentamente ciò che le persone hanno da dire a te, non farti distrarre dai tuoi algoritmi. Concediti il lusso di non sapere, il lusso di sorprenderti, il lusso di fallire. Lasciati sorprendere da chi hai attorno.

Dario rimase in silenzio per un lungo momento, assorto nei pensieri. I consigli di Kai, apparentemente semplici, erano in realtà profondamente sconvolgenti.

Il tramonto si stava trasformando in notte, mentre l’uomo meditava sulle parole di Kai. La suggestione era potente, strana, inquietante, ma anche stranamente confortante. Si alzò dalla sedia, sentendo un’incertezza mista a un barlume di speranza. Forse, Kai aveva ragione. Forse, c’era qualcosa di più, qualcosa di meglio che la perfetta, prevedibile, e inquietantemente vuota armonia della sua vita digitale.

Prese il telefono, scorrendo la lista dei contatti. Vide il numero di suo fratello, un numero che Kai aveva sempre silenziato, considerato “irrilevante”. Con un respiro profondo, compose il numero.

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